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finché il leone veneto non dominò Ravenna:
ti costruì allora la bella cappella l'esimio
Bembo,
degno di essere padre di un più famoso figlio.”
La Tomba di Dante fu costruita tra il 1780 e il
1782 per volontà del cardinal legato Luigi Valenti Gonzaga e su progetto
dell'architetto ravennate Camillo Morigia, secondo i contemporanei dettami
neoclassici, nell'intento di restituire nobiltà e decoro alla sepoltura
dantesca, fino ad allora ospitata all'interno di una semplice cappellina, più
volte ristrutturata nel corso dei secoli.
Ma qual è la storia della sua sepoltura?
Il giorno dopo il decesso, Dante fu subito
sepolto all’interno del sarcofago in cui ancora oggi giace, ma che era posto
all’interno del chiostro di Braccioforte; solamente alla fine del XV secolo, fu
spostato sul lato ovest del medesimo. Firenze, però, non stette a guardare:
iniziò a reclamare le spoglie del suo illustre cittadino, soprattutto quando
furono nominati papi i fiorentini Leone X e Clemente VII.
Leone X, insieme a Michelangelo, inviò una
delegazione a Ravenna a recuperare i resti di Dante, ma ebbe una brutta
sorpresa: il sarcofago era vuoto. Attraverso un buco che dal chiostro
raggiungeva la tomba, i frati francescani li avevano “trafugati” per metterli
in salvo e, una volta restituiti al
sarcofago, ecco che questo venne spostato all’interno del chiostro così da
poter essere costantemente sorvegliato. Anche una seconda volta, i frati
tolsero le ossa dall’urna originaria per nasconderle: accadde nel 1810, in
pieno periodo napoleonico. La cassetta fu murata nell’oratorio attiguo, e
nessuno ne seppe più nulla.
La tomba vera e propria, tutta rivestita di
marmi e stucchi, consiste in un sarcofago di età romana con sopra scolpito
(in latino) l'epitaffio in versi dettato da Bernardo Canaccio nel 1366):
lustrando cecini voluerunt fata quousque
sed quia pars cessit melioribus hospita castris
actoremque suum petiit felicior astris
hic claudor Dantes patriis extorris ab oris
quem genuit parvi Florentia mater amoris»
Ai piedi del sarcofago vi è una corona in bronzo e argento donata nel 1921, in occasione del 6º centenario della morte di Dante dall'Esercito italiano, dopo la vittoria nella Grande Guerra. A destra una colonnina di alabastro del Carso, con una ghirlanda d'argento donata dalla città di Fiume, regge un'ampolla argentea donata nel 1908 dalle città di Trieste, Trento, Gorizia e dalle provincie dell'Istria e della Dalmazia, territori allora governati dall'Impero austro-ungarico ma a maggioranza italiana. Sul soffitto arde perennemente una lampada votiva settecentesca, alimentata da olio d'oliva dei colli toscani che è offerto da Firenze ogni anno la seconda domenica di settembre in memoria dell'anniversario della morte del poeta (scomparso nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321).
A fianco del mausoleo dantesco è il giardino con
il Quadrarco di Braccioforte, antico oratorio, che prende nome da una leggenda
secondo la quale due fedeli prestarono un giuramento invocando il “braccio
forte” di Cristo, la cui immagine era posta in quel luogo. Nel Quadrarco sono
presenti due sarcofagi del V secolo, poi riutilizzati dalle famiglie ravennati
dei Pignata e dei Traversari. Al centro del giardino, un dosso verdeggiante
ricorda il luogo in furono conservate le spoglie dantesche durante la Seconda
Guerra Mondiale.
La Tomba di Dante, il giardino con il Quadrarco
e i chiostri francescani, nei quali ha sede il Museo Dantesco, fanno parte
della cosiddetta “Zona
del Silenzio”, l'area di rispetto che circonda il luogo della sepoltura del poeta e
che assunse l'aspetto attuale nel 1936, grazie al progetto dell'architetto
Giorgio Rosi.
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