Vetrate del duomo di Milano
C'è un vecchio proverbio che dice: l'appetito vien mangiando e dopo aver postato qualche foto dei bassorilievi del portone centrale del Duomo mi è venuta la voglia di pubblicare anche qualche scatto delle bellissime vetrate al suo interno. Ma prima qualche notizia!!!
STORIA
Il duomo di Milano ospita un ciclo di 55 vetrate monumentali, realizzate tra la fine del Trecento agli anni ottanta del Novecento.
La costruzione di vetrate nel cantiere del duomo milanese cominciò a soli vent'anni dalla sua fondazione, all'inizio del Quattrocento, per i grandi finestroni dell'abside, che venivano man mano completati. Di queste prime vetrate non restano che scarsissimi frammenti, in quanto già nel secolo successivo molte di esse vennero rifatte: tra questi si conservano sei busti di vegliardi contenuti entro antelli trilobati, provenienti dalla distrutta vetrata di santa Giuditta e oggi inclusi nella vetrata di san Martino, attribuiti alla mano del celebre miniatore Michelino da Besozzo.
Nella seconda metà del Quattrocento la fabbrica si dotò di due forni da vetro appositamente per la realizzazione delle vetrate, particolarmente ampie e numerose nella zona absidale che allora veniva edificata. Alle maestranze italiane, con Stefano da Pandino, Niccolò da Varallo, Maffiolo da Cremona, Cristoforo de' Mottis e Franceschino Zavattari, si affiancarono maestri provenienti dai grandi cantieri vetrari delle cattedrali d'Oltralpe, in particolare della zona renana e dalle Fiandre.
Molte delle prime vetrate furono commissionate dai Visconti, allora duchi di Milano, dei quali riportavano spesso gli stemmi o le imprese. Successivamente le elargizioni per la loro realizzazione arrivarono dalle varie corporazioni delle arti e mestieri presenti in città, quali il collegio dei notai (vetrata di San Giovanni Evangelista), degli speziali (vetrata di Santa Giuditta), degli orefici, (vetrata di sant'Eligio), eccetera.
La produzione vetraria continuò per tutto il Cinquecento, quando furono realizzate le vetrate per le absidi nord e sud, e per tutti i finestroni della navata principale. Fra i mastri vetrai egemoni in questo periodo vi furono Corrado Mochis, proveniente dal cantiere del duomo di Colonia, e Valerio Perfundavalle, da Lovanio. Mentre in alcuni casi essi curarono la realizzazione delle vetrate a partire dal disegno, in altri casi trasposero su vetro cartoni realizzati da affermati pittori, quali l'Arcimboldo, Pellegrino Tibaldi, Carlo Urbino e altri artisti di scuola manierista.
La realizzazione delle vetrate si arrestò completamente nel XVII e XVIII secolo, per poi riprendere solo nell'Ottocento. Giovanni Bertini iniziò, a partire dal 1838, il quasi totale rifacimento dei monumentali finestroni dell'abiside principale e delle due absidi dei transetti. Dopo la sua morte (1849) il lavoro fu proseguito dai figli Giuseppe e Pompeo.
Si era tuttavia persa la tecnica di realizzazione della vetrata tramite assemblaggio di vetri colorati su quali veniva riportato il disegno con la lavorazione a grisaille. Nel XIX secolo i vetri vennero invece realizzati col metodo della pittura a fuoco, con una tecnica molto più simile ala pittura, con la quale venivano fissati i colori su vetri originariamente neutri, dando luogo a risultati molto più modesti dal punto di vista luminoso e cromatico. L'originale tecnica di composizione a mosaico di vetri colorati, e non più dipinti, venne ripresa nel corso del Novecento, da Aldo Carpi e dall'ungherese János Hajnal.
Nessun commento:
Posta un commento